Cristina Marras
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Ma cosa è successo alla radio?


Stavo aspettando l'aereo per Melbourne, tornavo a casa dopo la solita vacanza degli expat che vanno sempre e solo a vedere la famiglia.


Ero all'aeroporto di Milano e mancavano ancora diverse ore. L'aeroporto di Milano fa abbastanza schifo: pochissimi negozi e se dimentichi di comprare la settimana enigmistica prima del check-in, poi non ci sono più nemmeno edicole. Ma avevo la mia radiolina tascabile, un coso minuscolo poco più grande di una scatola di fiammiferi, e così mi misi a girare la rotellina per la sintonia sperando di trovare qualcosa che mi tenesse compagnia. Era il 1998.


Stavano già facendo salire la gente a bordo quando mi travolse. Una cosa come non ne avevo sentito mai. Lì nelle auricolari c'era uno incazzato che diceva di essere nel braccio della morte ad Alcatraz. Rimasi fulminata. Cominciai a spostarmi verso la fine della fila per continuare ad ascoltare e quando fecero l'ultima chiamata salii che quasi piangevo. Vabbè per gli expat i rientri sono sempre affari piuttosto tristi però questo Jack Folla (si chiamava così) mi aveva fatto venire una nostalgia e una voglia matta di tornarmene in Italia e una bruttissima invidia per chi poteva ascoltarsi quella cosa che nemmeno io sapevo definire ma che volevo rimanere ad ascoltare per sempre.


Ieri ho ritrovato Alcatraz e Jack Folla. Sto facendo da tutor ad un gruppo di ragazzi che hanno la fortuna di fare l'alternanza scuola-lavoro a Radio X. Credo che per fare bene radio si debba ascoltare un sacco di radio fatta bene, così mi sono messa a selezionare esempi: molti quelli negativi, troppo spesso in inglese quelli positivi. Sì perché in Italia la rivoluzione del podcast ancora non è arrivata (but watch this space, tempo 2 anni max), perché ancora in Italia non ci si è resi conto della potenzialità che il cellulare ci offre (ascoltare podcast sempre e ovunque) e ancora mancano (salvo poche eccezioni) contenuti in grado di fare per il podcast quello che Orange is the New Black è stato per Netflix.


È così che ho ritrovato il mio vecchio amico Jack Folla. E mi sono messa per la prima volta ad ascoltarlo. Tutto. Dall'inizio alla fine. Tutto quello disponibile online. E da ieri c'ho il magone. Perché Jack Folla spacca. A distanza di 20 anni dà i brividi. Io non c'ero in Italia in quegli anni, ma ho letto che fu un fenomeno incredibile, che quando finì la prima serie, la RAI venne sommersa da fax e telefonate di gente che pregava si facesse una seconda serie. E la cosa non mi stupisce. Jack Folla, appunto, spacca.


Quello che mi stupisce è che Alcatraz, questo programma visionario di 20 anni fa, non abbia lasciato nessun tipo di eredità, che a nessuno sia venuto in mente di portare avanti quella esplorazione di forma e contenuti, che nessuno si sia incuriosito ed abbia cominciato ad esplorare nuovi modi di raccontare. Non capisco perché oggi la maggior parte dei programmi (e dei podcast) continuino a riproporre modalità, contenuti e formati vecchi e noiosi se 20 anni fa c'era Jack Folla.


Jack Folla mi sa che in quella cella ci sei finito per niente.

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